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La Chiesa si racconta. Se la parrocchia bussa alla porta di casa

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A Foligno le celebrazioni nelle abitazioni: «Così ci sentiamo comunità». Da un’idea di don Antonietti un’occasione per incontrare e ascoltare le persone. E diventare sempre più Chiesa missionaria

pubblicato venerdì 17 gennaio 2025



Un viaggio tra i mille volti della «Chiesa in uscita», una comunità di fede con le porte aperte a quanti sono in cerca del senso della vita e sempre al fianco dei più fragili. È la nuova campagna della Cei “Chiesa cattolica italiana. Nelle nostre vite, ogni giorno”, che racconta una presenza fatta di piccoli gesti, di mani tese, di momenti di conforto che trasformano le difficoltà in speranza. Come una casa accogliente, una famiglia che unisce, una comunità che ascolta, la Chiesa risponde alle domande di chi ha bisogno di sostegno e di un punto di riferimento. Tante storie come quella che raccontiamo in questo articolo. La campagna ricorda l’impegno quotidiano dei sacerdoti e delle comunità loro affidate. L’azione visibile della Chiesa cattolica è un’opera corale per accompagnare la crescita umana e spirituale di ogni persona, senza smettere di offrire sostegno ai più vulnerabili.


La Messa a domicilio per essere davvero quella Chiesa missionaria, in uscita, prossima soprattutto a chi si è allontanato dalla fede, ma che ha ancora bisogno di sentirsi parte di una comunità. Questa l’idea di monsignor Cristiano Antonietti, vicario episcopale per la Pastorale della diocesi di Foligno, già cerimoniere di papa Francesco e soprattutto guida della parrocchia di Santa Maria Infraportas. Ed è proprio qui che nei mesi scorsi ha iniziato ad andare nelle case per incontrare le persone, soprattutto «quelle che non vedevo mai la domenica», racconta il sacerdote. L’iniziativa non nasce ora, né per caso: «Questa estate – racconta Antonietti –, mentre pensavo a che cosa fare per essere più prossimo ai miei parrocchiani, mi sono venute in mente due attività: una in ottobre, di missione nelle case e poi in Quaresima con la Via Crucis nelle varie zone della parrocchia. Mi sono accorto infatti che nella mia realtà – spiega ancora – alle celebrazioni c’è una ricca presenza di movimenti come i Neocatecumenali, gli Scout, l’Azione Cattolica. Ma c’è molta gente che non ha nessuna appartenenza e che spesso è tentata di restare a casa, pensando che “tanto c’è già chi riempie i banchi della chiesa”. E allora – continua il prete – mi sono detto che dovevo essere io a fare il primo passo e, alla fine, ho visitato una trentina di famiglie».


Con l’intento di stare insieme, di conoscersi meglio, di condividere la fede don Cristiano si è fatto aprire le porte di casa: «Porte che non si sono spalancate solo per me – sottolinea – ma per tutti i residenti di un palazzo o di una via. Nel momento in cui si è compreso che era un momento di fraternità, amicizia e di preghiera, perché poi il momento importante era la Messa, è iniziata la gara ad invitarmi e a organizzare la serata. Alcuni nella sala condominiale del palazzo, altri nel soggiorno o in salotto organizzavano la mensa eucaristica proprio come i primi cristiani e come ci indica il progetto di rinnovamento parrocchiale lanciato dal nostro vescovo Domenico Sorrentino con le “Piccole comunità Maria famiglie del Vangelo”. Alla fine, la serata si concludeva con l’agape fraterna e tutti erano desiderosi di partecipare e dare il proprio contributo».


L’esperienza delle Messe a domicilio è servita a don Cristiano per avvicinarsi a chi era più distante o a chi ha anche problemi familiari, di salute, economici. «Questi momenti – spiega ancora – sono stati importanti per venire a conoscenza anche di situazioni difficili di genitori con i figli o altre problematiche familiari. Da qui sono iniziati un ascolto, una fiducia e un sostegno. Inoltre, da questa esperienza sono nate tre “Famiglie del Vangelo” che stanno iniziando a camminare insieme». Sono piccoli gruppi di fedeli che si ritrovano nelle case, cuore pulsante della fede e della testimonianza, per stare insieme, per pregare e se c’è bisogno per aiutarsi. «L’obiettivo di questo progetto lanciato da monsignor Sorrentino – sottolinea il parroco – è di ripartire dal calore delle case, di riportare la preghiera nelle case dove ormai genitori e figli, visti i ritmi frenetici, neanche si incontrano o si parlano, dove gli anziani sono soli e i momenti di preghiera non esistono più. Quindi, a fronte della famiglia naturale che fa fatica ce n’è un’altra, quella nello Spirito Santo, che agisce».


Il progetto di rinnovamento parrocchiale, già partito nella diocesi gemella di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, ha portato alla formazione di oltre una trentina di Famiglie del Vangelo, ciascuna composta da una quindicina di genitori con figli, persone rimaste sole, giovani o anziani. Accanto a ogni Famiglia del Vangelo c’è il parroco che accompagna, aiuta, sostiene, favorisce l’incontro e la condivisione.


La missionarietà di don Cristiano non si ferma dunque qui e già sta pensando alla Quaresima. «Ci organizzeremo con le Via Crucis di zona o di via nell’intera parrocchia, in modo che tutte le famiglie si sentano coinvolte e protagoniste».


E i parrocchiani sono già pronti a riaprire le porte. Daniela Lupparelli è entusiasta: «Iniziativa positiva perché, oltre a ritrovarci per l’Eucarestia, a chi come me è sempre vissuta in questo quartiere mi ha permesso di conoscere nuovi residenti arrivati da non molto; è un modo per relazionarsi, scoprire e venire in aiuto anche di tante tristezze, solitudine e difficoltà di cui non eravamo a conoscenza. Sicuramente – conclude Daniela – il progetto delle “Famiglie del Vangelo” è positivo perché ci permette di ritrovarci intorno alla Parola e all’Eucarestia nel clima caldo della casa».


Dello stesso avviso anche Manuela Caporaletti che sottolinea come questa iniziativa vada nella direzione di «abbattere in qualche modo il forte individualismo odierno; c’è difficoltà a mettersi a nudo e ad aprirsi con gli altri e questo ritrovarsi nelle case è servito anche a questo».


Nonostante i suoi importanti impegni come notaio chi ha detto subito sì al progetto è Elisabetta Carbonari che ha aderito per dare seguito «all’istanza che veniva dal nostro vescovo e dal nostro parroco, poiché sono coloro che ci indicano la via. Ho partecipato perché mi sembrava che in questo modo potessimo sentire ancor più il Signore Gesù come prossimo, sentirlo parte delle nostre vite, vederlo abitare l’intimità delle nostre case, vedere il pane spezzato in luoghi a noi familiari come facevano gli antichi cristiani. Ho anche aderito – ha aggiunto - per abbattere un po’ di quelle barriere che si formano con i nostri vicini, per riservatezza o pigrizia, vicini con i quali in realtà condividiamo ben poco, per trovare invece in Lui per la via delle celebrazioni domestiche (ho partecipato ovviamente anche a quelle delle altre famiglie) la nuova spinta per essere comunità».


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